Le acconciature romane
Nel mese di settembre con la mia classe abbiamo iniziato il percorso di alternanza scuola-lavoro con la visita del territorio su cui abbiamo lavorato: Golfo di Policastro che ricade in parte nelle regioni Campania, Basilicata e Calabria. Visitando i due paesi che fanno parte del Golfo di Policastro ovvero Policastro e Sapri (regione Campania) abbiamo scoperto che in questa zona c’è stata l’influenza romana come attestano la via romana a Policastro e la Villa marittima di Sapri.
Partendo da questo sono stati affidati vari approfondimenti riguardo alla cultura romana ed è per questo che io parlerò delle acconciature romane. Quando si parla di Romani si pensa spesso al potente esercito, alla grandezza dell’impero, ma talvolta vengono oscurati gli aspetti della vita quotidiana. Sia uomini che donne davano molta importanza alla cura dei capelli. Gli uomini se appartenevano alle famiglie benestanti potevano permettersi un tonsor personale, i cui requisiti erano abilità e una lunga esperienza. Chi non poteva permettersi un barbiere personale si recava presso le botteghe “tonstrinae” (la prima aperta nel 300 a.C) dove il tonsor era aiutato dai circitores. Gli attrezzi che il tonsor usava erano le forbici “forfex”, l’arricciacapelli “calamistrum” e rasoi.
Fin dal V secolo a.C secolo gli uomini portavano i capelli sciolti “incompti capilli” mentre la barba che talvolta veniva portata lunga aveva un ruolo importante, poiché con la prima rasatura si indicava il passaggio all’età adulta.
Con l’imperatore Giulio Cesare si passò ad un viso completamente rasato. Il taglio di capelli era lanciato come moda dagli uomini politici più conosciuti del tempo.
Con Augusto i capelli non vennero più portati lunghi ma corti, poiché l’imperatore non voleva dedicare molto tempo alla loro cura.
Nerone invece portava i capelli lunghi fino al collo e li pettinava in modo tale da renderli ricci, seguirono il suo modello altri imperatori come Commodo e inoltre quest’ultimo aggiungeva anche una polvere d’oro. Durante il periodo che combaciò con quello cristiano si usò portare i capelli corti e la barba lunga. Con l’imperatore Costantino, a causa di un difetto del suo viso, ritornarono i capelli lunghi con all’estremità riccioli e un taglio a caschetto sulla fronte. Le donne ritenevano invece che il capo fosse una delle parti più erotiche del corpo e per questo gli dedicavano molto tempo. Le donne benestanti avevano a loro servizio le “ornatrices”, e talvolta queste ultime se non svolgevano bene il loro lavoro venivano punite severamente. Erano quindi, come gli uomini, le donne patrizie a lanciare la moda delle acconciature.
Durante l’età repubblicana portavano i capelli con una riga al centro per dividere in due parti la chioma e poi la si raccoglieva in uno chignon. Successivamente in età imperiale si seguì la pettinatura “all’Ottavia”, in riferimento alla sorella di Augusto, ovvero i capelli raccolti con un “nodus” sulla fronte, acconciatura poi seguita anche da Livia moglie di Augusto.
Durante l’impero di Nerone l’acconciatura all’Ottavia subì delle varianti come il raccoglimento in due trecce laterali e una centrale, mentre sulla fronte scendevano dei riccioli. Con Domiziano ci fu la pettinatura “alla Giulia di Tito”, delle corone di riccioli che a volte potevano essere sostituite con dei metalli preziosi come dimostrano i busti marmorei. La moglie di Traiano, Plotina, diede il via alla pettinatura “alla Plotina”, ventagli verticali che andavano da un orecchio all’altro e che terminavanoi con riccioli laterali ad incorniciare il viso, questa ebbe delle variazione man mano più esagerate.
Con Settimio Severo è presente l’acconciatura “alla Crispina “, una riga centrale con i capelli bipartiti gonfi e ondulati. La moglie di Caracalla, Plautilla, sfoggiò la pettinatura “ad elmo”, questa consisteva nel raccogliere i capelli in torciglioni dalla nuca e risalire con trecce o con torciglioni stessi fino alla sommità del capo in modo da renderlo visibile anche frontalmente. L’acconciatura delle spose consisteva nel dividere i capelli in sei parti (sex crines) legati da nastri colorati e successivamente poi ricoperti con un velo di colore arancione. Per completare le acconciature venivano usate anche delle parrucche che talvolta erano anche soltanto delle code, delle trecce, dei riccioli e potevano essere anche profumate con essenze come mirto e ad esse aggiunte degli oggetti come retine d’oro.
Fabiana Ruggiero
Articolo elaborato nell’ambito del progetto di Alternanza Scuola Lavoro a.s. 2016-2017 tra Liceo Classico Parmenide di Vallo della Lucania (SA) e l’associazione AUSS di Sapri (SA)